È ARRIVATO LO STAGISTA
Zona
industriale di un paese a caso del nord-est, in lontananza i botti sul piazzale
di quei "mona dela feriera", magrebini semi ubriachi alla guida di
carrelli elevatori
e che trovano divertente scaricare degli
strani enormi blocchi di acciaio "al volo"...
Nell'azienda Ferruccio Tagliaferri srl hanno
aperto il cancello presto stamani.
Qui da
trenta e passa anni si taglia la lamiera.
Si
piega la lamiera e poi si salda e si mola la lamiera.
Ogni
faccenda è rito, dalla strisciata svogliata dei badge alla fotocopia della
segretaria
alla
paccottiglia di discorsi delle nove e mezza e delle sedici,
al cospetto della
macchinetta automatica del caffè.
Sempre lo stesso spettacolo con pochissime
rettifiche da trent'anni.
Ma oggi è un giorno speciale.
Oggi arriva lo
stagista dalla scuola, destinazione, reparto presse!
Il ragazzo è già
davanti al cancello da mezz'ora
quando arriva ad aprire Franco, il capo officina.
Sta in sella ad
uno scooter di plastica tutto graffiato e se ne resta lì, in attesa, con
l'espressione di un merlotto caduto dalla canna fumaria nella cenere.
"B-buonasera!"
abbozza timido a Franco.
Quello non lo
guarda neppure: "Vieni dentro e parcheggia là in fondo".
Il ragazzo capisce già di non essere il benvenuto e
che dovrà faticare per meritarsi una briciola di rispetto.
Arriva Miranda
per seconda, lo invita in ufficio e gli
mostra dove fare cosa in modo spiccio e senza dare troppo bado alla
cortesia, poi Franco gli mostra rapidamente l'officina.
Gonfia il petto: è il suo momento! Quando gli capita di parlare a qualcuno che
ne sa molto meno di lui?
Franco è un
fiume in piena e, tra un bancale ed una macchina, racconta epiche vicende della
sua giovinezza, quando da trasfertista si era trovato a sconfiggere un intero
esercito di mori armato solo di fede e di una chiave giratubi...
"Aspetta"
- si sofferma eroico con aria da Amaro Montenegro - "mi sa che avevo un
anno in meno di te".
Sottintende il fatto
inconfutabile che lui è da sempre migliore del ragazzo, pur non sapendo
minimamente con chi abbia a che fare.
Al che i due
raggiungono una zona del capannone dove ci sono macchine simili come forma,
alcune grandi come un armadio, altri quanto e più di un elefante.
Il ragazzo guarda quegli strani mammut di
acciaio emozionato, ma senza dire una
parola per fare lo stoico.
Franco gli si avvicina da dietro, gli porge una
mano sulla spalla e, con
un'insopportabile aria paterna gli sussurra:
" Presse piegatrici, sono presse
piegatrici."
Dopo un gran
sospiro, riprende: "Bene ragazzo, siediti qua e aspetta".
Il ragazzo
obbedisce al volo, vede i quattro bancali in colonna indicati da Franco e ci si
siede sopra come un soprammobile.
Gaetano il
"capo autoproclamato dei piegatori", nel frattempo, sta mettendo in scena uno dei suoi
spettacoli mattutini all'arena del caffè.
È sotto sotto un
uomo di buon cuore, ma la sua spacconeria prevarica ogni cosa, riducendolo
spesso ad apparire un semplice stupido.
Suona
la seconda campana, quella che vorrebbe che tutti i lavoratori si
trovassero nella propria postazione, come da accordi, ma nella postazione c'è solo lui: lo stagista.
Gaetano
strascica i piedi dondolando la sua figura a suo modo carismatica, attorniato
da due o tre individui addirittura più sciocchi di lui.
Gli abbaiano ai
fianchi come i cani alle ruote e sembra vogliano rubare una briciola di quella sua manifesta autorità che in quell'habitat
ristretto ha così tanta verve...
Ma da fuori
sembra solo l'antica sagra del coglione.
Ad un tratto
Gaetano alza la testa e si ferma, arriccia il naso e strizza gli occhi per
vedere meglio quel qualcosa che non gli torna da lontano: "E quello chi
cazz..." – il criceto nel cranio inizia a girare e - "Ah, è lo
stagista..."
Si avvicina
lentamente al ragazzo ringhiando una bestemmia accartocciata in un colpo di
tosse.
"Buon giorno"
- dice lo stagista al sauropode vestito da operaio.
"Ciao"
- risponde svogliato Gaetano.
"Parliamoci chiaro: qua devi essere sveglio
e aver voglia di lavorare."
"Minchia,
come te?" - avrebbe avuto il diritto di rispondere il ragazzino, ma la sua
timidezza non glielo permette e gli consiglia solo un flebile: "S-si, certo."
ED ECCO INIZIARE LA GIORNATA DELLO STAGISTA
"Allora
intanto in piedi, prendi la scopa e dai
una spazzata che se no ti fai male
il primo giorno."
Il ragazzo
scatta in piedi e, nascondendo la sua delusione, esegue il compito al meglio.
Dopo un quarto
d'ora Gaetano pensa bene di fare un "meritato" break al suo lavoro,
chiama lo stagista e gli dice:
"Vai a
prendermi la squadra tonda, ce l'ha il Conte, reparto saldatura, dietro la
chiave gira-pilastri. Dì che ti manda Gaetano."
Il ragazzo parte, senza chiedere nulla, mandato apposta verso un posto che non c'è.
Chiaramente il
"mi manda Gaetano" rende tutti complici all'istante, al punto che il
povero ragazzo passa l'intera mattina a correre per l'officina, disperato e
conscio di aver dato una pessima immagine di sé.
Le risate seguono ogni suo passo, i ghigni si
celano dietro ogni angolo.
Ritorna da
Gaetano a testa bassa che non vede l'ora di affondare un nuovo fendente nel
petto del povero stagista.
"Ma dai, scherzavo!" - dice al giovane
che se ne sta in disparte mogio mogio - "Dai, vieni qua! Programmami
il CN della macchina!"
"Ma
io..." risponde titubante, "non so se..."
"E muoviti, dai! Lo sai usare il computer?
Voi bambini siete sempre lì coi videogiochi in mano. E poi, non vai forse a
scuola? Non vi insegnano proprio un
cazzo!"
Lo stagista non vuole deludere e si improvvisa in un
qualcosa che è impossibile portare a termine per lui.
Gaetano lo sa e fa tutto questo solo per abusare della
propria piccola posizione di vantaggio.
Per questo si gusta la scena pietosa del ragazzo
imbarazzato che preme bottoni a caso sul controllo numerico della macchina
senza aver la minima idea su quali siano i dati da inserire e dove!
"Basta!"
- gli sbraita in un orecchio all'improvviso Gaetano - "Non sai fare un cazzo! Cosa vieni qui a
fare? Stattene a casa!"
Lo
stagista è rosso come un peperone ed è sull'orlo di esplodere in un pianto
nervoso, molto probabilmente accompagnato dal classico lancio del primo
attrezzo a portata di mano.
Gaetano capisce
la situazione e che, in ogni caso, una
chiave in fronte può far male, indipendentemente da chi la tira...
Per questo
abbassa il tono e calmo gli dice:
"Siediti lì e aspetta che sia sera."
Da lontano si
affacciano Gino e Berto, i saldatori, che vedono il ragazzo seduto in disparte
e si dicono scuotendo la testa: " Voglia
di lavorare saltami addosso... guarda i giovani di oggi."
Allo stagista
viene il vomito a pensare di dover passare altre due settimane con questo
branco di… be, hai capito...
Alla sera esce
alle 17:00, triste come non gli capitava da un pezzo.
Può fare solo
otto ore e il saluto di Gaetano è: "Vai, vai... che non ti affatichi
troppo!"
Dopo poco passa Franco a chiedere al "piegatore
esperto" un riscontro sul ragazzo.
"Chissà che
non possa essere assunto da noi un giorno, c'è bisogno di gente qua!"
"Guarda," - fa Gaetano serio - "un
fancazzista che non sa nulla e come gli
ho fatto un'osservazione mi voleva mettere le mani addosso. Fai tu!"
Ispirato da una
storia vera di metà anni '90.
Ora Andrea,questo il nome dello stagista, è responsabile di stabilimento di una multinazionale che fa linee industriali.
Chissà cosa ha
provato quando le risorse umane gli hanno
girato il curriculum di un 55enne di nome Gaetano; esperienza precedente
piegatore, punto.
Forse si è detto:
"Wow! Il CV più corto della storia!"
Oppure
semplicemente l'ha accartocciato pensando: “Che stronzi quelli della Tagliaferri,
è meglio se si accasano altrove.”
Ad ogni modo:
Quanti Gaetano ed Andrea hai conosciuto?
Quante volte lo sei stato tu?
Io credo che involontariamente, inconsciamente
o, perché no, anche con un certo gusto, un
po' Gaetano lo siamo stati tutti. Anche solo per mezz'ora nella vita.
Molto più
moralmente facile, tuttavia, sentirsi Andrea!
Eppure più
passano i mesi, più incontro persone e aziende, più scopro che i Gaetani sono ovunque, a tutti i livelli. Ricoprono
gli ruoli di responsabile di reparto, di professore universitario, di compagni
di scuola, di prete, senza distinguo alcuno per cultura o possidenza.
Si insinuano
come tarme nei maglioni colorati.
Fanno un buco attorno a sé in cui cade ogni cosa
positiva, ogni tentativo di
innovare, ogni speranza nel futuro e
godono di un apparente rispetto in quello che mi piace chiamare “habitat”.
Rispetto che si
arrogano con manifestazioni spicciole di superiorità, di coltelli branditi
sempre e solo dalla parte del manico, perché è l'unica condizione possibile per
ovviare alla propria recondita e intimamente consapevole pochezza.
Vanno
isolati, punto.
Oppure, vanno spodestati quando non si possono
cacciare.
Rappresentano
tutta la peggiore e, purtroppo spesso italica, incapacità di avere larghe
vedute.
Sono il male altrui, rinchiusi nel terrore di
essere superati, sopravanzati e divenire meno indispensabili.
In officina sono
quelli che si tengono i segreti per sé
e non li divulgano ai colleghi migliorando l'efficienza aziendale.
Procedure e
soluzioni scritte in un quadernino
nascosto, modalità per eseguire dei pezzi particolari.
Oppure quelli
che, avendo ancora qualche anno alla pensione, si rifiutano di insegnare il
mestiere ai giovani perché "Io ci
sono arrivato da solo. Che lo facciano anche gli altri!"
Vergogna!
"Io, ai
miei tempi..." ma i tempi non sono mai stati di nessuno.
Sei nato senza
chiederlo in un anno a caso, ti fai un pezzo di vita che vola, per lo meno non
rompere a chi prova a migliorare sé stesso e l'ambiente in cui vive!
Anche fallendo.
Ma non mi rivolgo a loro, no.
Ma a chi può scegliere da che parte stare.
Parlo:
- Con
chi ha voglia di imparare, sbagliando e riprovando ma alla
fine migliorando anche di una sola virgola il sistema, l'azienda o in generale
dove opera.
- Oppure
ai dinosauri del giurassico, come quelli che vantano trent'anni di carriera (che
sono poi composti da un solo anno ripetuto trenta volte).
- A quegli individui che, quando hanno la fortuna
di avere un titolare che vuole spendere qualcosina in formazione per loro, la
rifiutano perché dicono: "Non ho
altro da imparare."
Ragazzi, poche
storie.
Il comparto lamiera tira e parecchio in questo
periodo.
Vuoi la 4.0,
vuoi l'export, vuoi che era ora, ma è adesso che si iniziano a rivedere le aziende che cercano personale.
Bella notizia?
Si, nel modo più assoluto.
Solo che troppi cercano persone capaci da subito e
che magari costino poco.
E ci ritroviamo
alle solite: non si può avere tutto, subito e gratis.
Intanto i
Gaetano se la ridono.
Facciamoli smettere.
Per questo e molto altro ancora:
Resta connesso!
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